To Pimp A Butterfly, guida all’ascolto

Un anno dopo, come approcciare il disco di Kendrick Lamar

” Un capolavoro di ardente indignazione , profondo jazz e spietata autocritica” così era stato recensito To Pimp A Butterfly su Rolling Stone, il 15 marzo 2015. Esattamente un anno fa. A un anno di distanza, dopo due Grammy alla 58esima edizione dei Grammy Awards, il singolo ”I” vincitore del ”Best Rap Song” e del ”Best Rap Performance” alla cerimonia del 2015 e, infine, ”Alright” usata come vero e prorio inno dagli afroamericani coinvolti nelle rivolte di Ferguson e Baltimora, TPAB è diventato – a pieno titolo- un simbolo dell’emancipazione ”black”.

Un po’ come ”Il buio oltre la siepe” di Harper Lee o il discorso di Nelson Mandela al processo di Rivonia, il disco di Kendrick Lamar, sembra collegarsi, con un filo dorato, alle grandi lotte per la libertà e l’uguaglianza. Fa parte di quelle opere particolari, che hanno resistito alla storia proprio perchè posseggono una specie di ”potere di influenza” sui propri ascoltatori. Uno stimolo ad agire. Una spinta ad alzarsi in piedi e dire: ”No. Non è giusto quello che succede. Qualcuno deve fare qualcosa”.

Il contesto

Spesso ci si stupisce che la stessa nazione ad avere eletto il primo presidente di colore della propria storia, sia la stessa in cui avvengono così tanti omicidi a sfondo razziale.
Gli USA sono un paese con 325 milioni di abitanti e sono la più popolosa nazione sulla terra dopo Cina e India, ma è stato rilevato, nel censo del 2010, che solo il 23% dei bambini sotto i 15 anni ha i genitori bianchi. Questi numeri sono in continua diminuzione. Se ne può dedurre, senza scadere nella dietrologia, che il ruolo di minoranza etnica, degli afroamericani e dei latini nell’America odierna, sarà un primato esclusivo dei bianchi nell’America di domani.
Forse, proprio perchè gli afroamericani iniziano a comprendere la grandezza in termini numerici della propria comunità, che risuona così forte l’eco del ”black pride”: l’orgoglio nero, di cui TPAB è espressione agitata e autocritica.
Kendrick non racconta nulla di nuovo al pubblico afroamericano. La sua Compton, come sanno bene gli abitanti, conosce il razzismo di cui la comunità nera è l’ obiettivo principale. Un razzismo subdolo ma ”evoluto” dal punto di vista istituzionale, il quale – dagli anni ’40 ad oggi – ha confinato la comunità afroamericana in quartieri ”industriali”: tra liquor-store, take-away e banchi dei pegni.

Ma TPAB è molto più di una semplice denuncia del razzismo nelle istituzioni. E’ anche una feroce critica del pensiero ”Black”.
L’idea di Kendrick, su cui ruota l’intero disco, è fortemente concentrata sul ruolo delle istituzioni nella, consolidata, povertà dei neri. Istituzioni che hanno, si, abbandonato e confinato gli afroamericani nei ghetti ma, la black community, è stata complice inconsapevole di questa moderna ”segregazione”. Una massiccia crisi identitaria, una patologica forma di amnesia, diventata tanto grave da colpire un’ intera popolazione, trasformandola negli stereotipi che l’America bianca aveva progettato per loro.
To Pimp A Butterfly è la schizofrenica espressione degli Stati Uniti, ma anche la schizofrenica espressione dei ”negri”; una parola che svuotiamo del suo significato razzista per riferirci esclusivamente alle sue radici linguistiche, cioè: ”Negus” la parola etiope usata per definire l’impero nero e la sua regalità.
Nel disco di K-dot, tutto è riferimento alla ”Black culture”, a partire dalla scelta dei vocaboli, passando per i miti e le figure metaforiche fino ad arrivare alle sonorità.
L’approccio letterario di Kendrick fa pensare ad un modo di vivere la musica più vicino allo scrittore che al musicista. Questo articolo si propone il compito, difficile, di essere un piccolo manuale all’ascolto di ”To Pimp A Butterfly”. Un articolo per aiutare sia coloro i quali si sono persi, fino ad ora, il Disco (la d maiuscola non è un errore), e sia coloro i quali già lo conoscono ma, forse, non ne hanno apprezzato a pieno la portata innovativa.

Il disco

Weasley’s Theory
Il disco si apre con un campione del cantante giamaicano Boris Gardiner: ” Every Nigga Is A Star”. Una canzone degli anni settanta, con cui l’autore intendeva cambiare la percezione della parola ”nigger” (evoluto, infatti, in ”nigga”) e incoraggiare l’orgoglio nero.
L’incalzante , ma cupa, Weasley’s Theory è una denuncia al denaro, al successo e al perdere di vista i propri obiettivi in favore della fama e dei soldi. Non riusciamo ad immaginare una introduzione più azzeccata ai temi fondanti dell’opera.
For Free
Un coro gospel introduce i 2 minuti e10 secondi più strani del disco. For free è una traccia strutturata in ”poetry slam”, l’ atmosfera la rende difficile da metabolizzare ad un primo ascolto e metterà, forse, a dura prova la vostra pazienza. Psicotica per necessità, ribalta la concezione, tipicamente maschile, dell’idea secondo la quale:” Le donne non hanno bisogno di pagare per fare sesso. Qualcuno con cui farlo lo trovano sempre.” In questo caso Kendrick, sembra riferirsi ad una modalità di flirt, chiamata “golddigging”, la quale si può sintetizzare con il motto: ” This Pussy ain’t free” (questa vagina non è gratis), alludendo a un comportamento mirante ad ottenere status, denaro o favori in cambio di prestazioni sessuali.

King Kunta
L’atmosfera jazzata evolve per trasformarsi in un ritmato giro di basso funky.
Le ”good vibes” cominciano a crescere all’interno del disco. La canzone è un limpido riferimento al personaggio di Kunta Kinte: lo schiavo nero del VIII secolo, protagonista di ”The Roots” la novella di Alex Haley.
Kunta Kinte era uno schiavo alla perenne ricerca della libertà, ma gli schiavisti gli tagliarono le gambe per evitarne la fuga. E’ usato sapientemente da Kendrick Lamar come metafora della condizione dei ricchi uomini neri in America. La libertà e la totale integrazione, di cui credono godere gli afroamericani arricchiti, sono solo l’enesima trovata del sistema per segregare la popolazione black. Una segregazione che non usa più catene d’acciaio o fruste ma bracciali d’oro e belle macchine.

 

Instituzionalized
Il nome della traccia è un rimando alle istituzioni. Significa ”istituzionalizzato” ed è il termine con cui ci si riferisce agli afroamericani quando vengono arrestati e finiscono in galera.
Ma il pezzo non parla soltanto di delinquenza. Si riferisce -principalmente- ad una mentalità. Una mentalità distruttiva: rubare quando vuoi qualcosa, ostentare la propria ricchezza con dei pacchiani status symbol o spararsi l’un l’altro per un pezzo di territorio. Ritorna il concetto di ”libertà”; una libertà svenduta, istituzionalizzata che rimprovera ai poveri di essere poveri, da un lato, e dall’altro li costringe ad ammazzarsi per un tozzo di pane. L’idea di emancipazione ottenuta esclusivamente per mezzo dei beni materiali. La traccia è arricchita, oltretutto, anche dalla partecipazione di Snoop Dogg.
Compare per la prima volta nel disco la poesia che farà da collante lungo tutto l’album: una specie di sentiero, scritto e interpretato da Kendrick, per accompagnare gli ascoltatori tra il piano sociale, relativo al modo di vivere la società dagli afroamericani, e quello, più personale, dei conflitti interiori.
These Walls
Traducibile con ”Questi muri”: è il resoconto di come Kendrick abbia sedotto, per vendetta, una donna sposata con l’assassino del suo migliore amico.
I muri diventano, così, un riferimento prima alle pareti del quartiere, poi alle pareti della vagina ed infine alle pareti di una cella.
Il riferimento è all’ambivalente, e quindi senz’altro umana, questione del potere e dell’influenza sugli altri.
U
La naturale evoluzione della precedente canzone è ”U” nella quale il profondo dolore, e senso di colpa, per aver abusato del proprio potere si manifesta, sul disco come nella vita, con una profonda depressione.
Si intuisce che Kendrick, durante la stesura dell’album, abbia sofferto di manie depressive, infatti – in una recente intervista su MTV– Kendrick ha ammesso:
”That was one of the hardest songs I had to write. There’s some very dark moments in there. All my insecurities and selfishness and let-downs. That shit is depressing as a motherfucker. But it helps, though. It helps”. (è una delle più canzoni più difficili che abbia scritto. Ci sono molti momenti oscuri. Tutte le mie insicurezze sono venute fuori. Quella merda è deprimente come poche. Ma aiuta, penso.)

Alright
Lookin’ at the world like, “Where do we go?”
Nigga, and we hate po-po
(police)
Wanna kill us dead in the street fo sho
(for shure)

Nigga, I’m at the preacher’s door
My knees gettin’ weak, and my gun might blow
But we gon’ be alright
Il disco di Lamar, segue un po’ il corso delle ”frequenze sonore”. Se qualche illustratore riuscisse a disegnarne la forma, gli darebbe – sicuramente- una forma sinusoidale. Infatti, dopo i momenti oscuri, ritornano sempre le ”goodvibes”.
La sofferenza, profonda ma rigeneratrice, è proiettata verso l’esterno e ”Alright” è uno spiraglio luminoso proprio nel pieno della crisi, quando tutte le luci si sono spente.

La prima strofa è composta da un insieme di immagini nelle quali i due piani (personale e sociale) si mischiano; mentre la seconda strofa è strutturata come un discorso immaginario tra Lucy (abbreviazione di Lucifero) e Kendrick.
Proprio come in Weasley’s Theory viene ripreso il parallelismo tra l’ostentazione materiale e la schiavitù. Ma se, nella prima traccia, è lo Zio Sam a chiedere a Kendrick ”what you want? You a house or a car? Forty acres and a mule, a piano or a guitar?”, ora è Lucifero in persona a chiederglielo. E’ interessante riconoscere il parallelismo  tra Babilonia, la mitica città pagana (rappresentata dagli States e nemica giurata della Gerusalemme celeste) e il biblico signore del male.
”Alright” è stata la canzone più criticata del disco, soprattutto perchè è diventata un vero e proprio mantra per gli attivisti neri, durante un anno violento e scandito dalle rivolte. Tanto da spingere Geraldo Rivera, di Fox News, a descriverla come :”il motivo per cui l’hip hop fa più male che bene ai giovani afroamericani. Il messaggio è sbagliato”. Ma la risposta di Kendrick non si è fatta attendere, chiudendo – di fatto- il discorso: ”l’Hip Hop non è il problema. E’ la nostra musica e canta di noi”.
For Sale (Interlude)
Lucy aka Lucifero adesso parla apertamente a Kendrick, gli si mostra in tutta la sua voluttuosa e manipolatrice figura. Si presenta con la conviviale abbreviazione del suo nome. Cerca di convincerlo: ”mi hai chiamato tu Kendrick” (”you introduced me, Kendrick”) e sembra continuare: ”ora non mi vuoi più?”.
Con la complicità di Sounwave, la canzone diventa una sognante traccia soul con velleità pop. I coretti angelici sono le risposte al timbro vocale di Lamar, particolarmente azzeccato ed evocativo. Il rappato è sensuale e denota, oltre ad una grande capacità nella scrittura, anche l’eccezionale talento nell’ interpretazione di Kendrick Lamar.
Momma
Anticipata dalle parole: ‘The evils of Lucy was all around me, So I went runnin’ for answers.Until I came home”’ (Il male di Lucy era tutto attorno a me, mi sono affannato a cercare delle risposte. Finchè non sono giunto a casa), Momma è una traccia-metafora. Si riferisce a diverse figure di madre: la mamma naturale di Kendrick, Compton e infine l’Africa.
La crescita personale e l’auto realizzazione di Kendrick Lamar è il tema portante della canzone, la crisi che ha trascinato K lontano da casa, sembra essersi placata. Ma il richiamo della terra natìa è forte. Come un  riferimento alle ultime parole dell’outro di ”Good Kids M.A.A.D City”, in cui la mamma di K chiedeva: ”come back and tell your story to the kids in Compton”, Kendrick torna finalmente a casa per raccontare la sua storia ai ragazzi della città.
Hood Politics
La regressione a fasi precedenti della sua vita, si sviluppa dal ritorno a casa e si manifesta apertamente in ”Hood Politics”. La canzone diventa, così, un riferimento alla vita precedente di Kendrick; ai comportamenti e ai pensieri di un quotidiano, nel quale, il quartiere e la rivalità tra gang sono all’ordine del giorno. Il ritornello rappresenta la critica che parte dal quartiere stesso -quell’entità astratta, ma abbastanza concreta da influenzare il presente di K- nei confronti delle scelte compiute, alle ragazze frequentate e alla musica del rapper.
How Much A Dollar Cost
Un giro di pianoforte cupo e riflessivo fa da accompagnamento a questo potente storytelling. Kendrick immagina, durante il suo ultimo viaggio in Sud Africa, di incontrare un ”humbleman”, un vagabondo ad una pompa di benzina. Il vagabondo chiede qualche moneta (10 Rend, approssimativamente un dollaro) ma Kendrick si dimostra restìo a donarli, immaginandosi i modi in cui avrebbe potuto spenderli quel vecchio vagabondo( ”A piece of crack that he wanted”). Le tre strofe sono un crescendo di ”pathos” fino al mistico finale a sorpresa, nel quale il vagabondo confida a Kendrick di essere Dio. Le ultime parole del vagabondo sono significative per lo stato d’animo di Kendrick e per il suo senso di colpa: ” and I’ll tell you just how much a dollar cost
The price of having a spot in Heaven, embrace your loss, I am God
(e ti ho solo detto quanto costa un dollaro, il prezzo di un posto in paradiso, abbraccia la tua perdita, sono Dio).
Complexion (A Zulu Love)
Carnagione. Il tema della canzone è la traduzione precisa del titolo. L’unica traccia del disco in cui compare una strofa di featuring, ed è emblematico sia di una donna, quasi come se – con questa canzone- si stesse cercando di dare voce ad ogni tipo di minoranza o diversità.
Il sottotitolo in parentesi è una citazione del movimento Universal Zulu Nation, la prima organizzazione hip hop, creata da Afrika Bambaata, che cercò di educare la propria gente facendola divertire.
I principles of the Universal Zulu Nation recitano, infatti: ”Zulu Nation non è una gang. È un’organizzazione d’individui alla ricerca di successo, pace, conoscenza, comprensione e una vita onesta. I membri Zulu devono cercare un modo per sopravvivere positivamente in questa società”. La natura del tema rappresenta la natura e il clima della traccia, molto chill ma anche di riflessione solenne.
The Blacker The Berry
I’m the biggest hypocrite of 2015
Once I finish this, witnesses will convey just what I mean
” (Sono il più grande ipocrita del 2015, una volta finito qui, ne converrete anche voi)

La schizofrenia, frutto dell’incoerenza tra pensiero ed azione, è motivo di sofferenza per l’intera comunità afroamericana. Kendrick Lamar racconta questa sofferenza nel pezzo”The Blacker The Berry”, una canzone simbolo la quale, forse con più precisione, dipinge la ”black community”: rattrappita tra le maglie del sistema e condannata all’ipocrisia. Perchè il lottare per la liberazione viene confuso, spesso, con il combattere con l’altro. O meglio : ”You made me a killer, emancipation of a real nigga ” (mi hai reso un assassino, ecco l’ emancipazione di un negro); trascinando interi quartieri in una catena di violenze, difficile da spezzare. Kendrick dà la colpa alle istituzioni, al capitalismo sfrenato, ma condanna anche i neri, colpevoli di essersi fatti abbindolare dai media, manipolati proprio attraverso ciò che credevano potesse salvarli: lo spettro di una rivalsa sociale.
You Ain’t Gotta Lie (Momma Said)
Ecco il ritorno alla tranquillità. Il funk jazzato di ”You Ain’t Gotta Lie” è un monito nei confronti dei rapper e del successo. Ricompare la figura della mamma e, con la sua saggezza genuina, consiglia di non mentire per impressionare gli altri.
Il clima disteso della canzone lo fa ricollegare, inconsciamente, a ”Momma” e – in effetti- ne sembra la continuazione. Il pezzo è stato inserito dopo una crisi esistenziale, metaforicamente rappresentata dal brano precedente, e Kendrick sembra proprio reagire in questo modo alle crisi: ritorna a casa, ad ascoltare i consigli degli anziani. Un riferimento culturale, forse un retaggio implicito di quella tradizione tribale che interrogava i vecchi per sapere la direzione da prendere. Sembra dimostrare il collegamento onnipresente tra le culture, nonostante i limiti imposti dai chilometri o dai secoli di distanza.
”I”
E’ stato il primo video pubblicato per ”To Pimp A Butterfly” ed è uscito il 4 novembre 2014.
Con questa canzone Kendrick ha ottenuto due grammy per: la Best Rap Song e Best Rap Performance.
Più volte K ha dichiarato di sentirsi particolarmente orgoglioso di questa traccia; perchè manda un messaggio positivo alla gente di Compton ma, soprattutto alla gente di colore. Il titolo è un richiamo ad ”U”, la sesta traccia del disco, di cui è la controparte solare.
Infatti, se in ”U” il ritornello recitava ” Love you is complicated”, in ”I” la canzone diventa un inno di positività: ”I Love Myself”(Amo me stesso).
E in effetti, Kendrick, sembra chiedersi: ”Come si può amare qualcun altro se non si ama prima se stessi? ”

 

Mortal Man
E’ un pezzo ispirato totalmente dal viaggio in Sud Africa nel 2014, durante il quale Kendrick ha concepito l’intero disco ma, in ”Mortal Man”, si concretizza l’esperienza africana. Vengono citati apertamente i grandi leader della tradizione Black: Nelson Mandela, Malcolm X e Martin Luther King divengono un mezzo di paragone e Kendrick sembra domandarsi: ” I fan mi capiranno?”. Mortal Man è una traccia notturna per un finale molto riflessivo. L’album si conclude definitivamente con un’intervista, immaginaria, al mito di Kendrick: 2Pac. Una chiacchierata ripresa da una delle ultime interviste di Pac, risalente al 1994, per una radio svedese.
Nell’intervista fittizzia, Kendrick e Pac, chiacchierano di razzismo, fama, ideali ed immagine nello showbiz.
Lamar comprende di essere una figura importante nella lunga linea di leader che hanno combattuto l’oppressione degli afroamericani ma comprende, anche, di avere il tempo limitato per continuare a parlare con il suo ”guru”.
Il silenzio finale di Pac lascia spazio all’interpretazione. Forse è un silenzio di approvazione, come a dire ” Ok, Kendrick ora stai combattendo anche tu le nostre battaglie ma io non posso più aiutarti, devi fare da solo”.
La contemplazione di un lavoro ben svolto. Un passaggio di testimone. Il vecchio che lascia spazio al giovane. Una silenziosa ma interminabile, fine.
Chissà…
Il 15 marzo 2015 è uscito il terzo studio album di Kendrick Lamar, dal titolo: ”To Pimp A Butterfly”. L’album ha fatto registrare il record di ascolti su Spotify infatti, in un solo giorno, ne sono stati registrati ben 9.6 milioni.
A causa di un errore da parte della Interscope, etichetta discografica di Kendrick Lamar, ”To Pimp A Butterfly” è stato rilasciato su iTunes Store e Spotify una settimana prima del previsto, nonostante questo disguido tecnico, ha comunque debuttato in cima alla Billboard 200 e ha ricevuto enormi consensi da parte della critica , la quale ne ha elogiato il suono e la rilevanza sociale. A distanza di un anno, Kendrick, ha pubblicato le tracce scartate dal disco originale in un EP dal titolo ” Untitled. Unmastered”, il quale -proprio come To Pimp A Butterfly – ha debuttato al primo posto nella Billboard 200.
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