January’s ten | ten for twelve

La ten for twelve di gennaio 2016

La scorsa ten for twelve è stata scarna, per farci perdonare abbiamo attivato tutti i nostri radar, sensi di ragno e sistemi satellitari per captare queste chicche imperdibili…

10. OG Maco – The Lord Of Rage – Champions

Non serve essere grandi fan di OG Maco per riconoscere una carica smisurata ed un energia esplosiva nel suo approccio alla musica.

Il nuovo mixtape è stato rilasciato in freedownload e si chiama ” The Lord Of The Rage”; una frase che è più di un titolo. E’ una condizione esistenziale, una scelta stilistica e anche il marchio di fabbrica di OG Maco.

9. Kevin Gates – ISLAH – 2 phones

Quando abbiamo sentito questa traccia abbiamo pensato ” il pezzo ha tutti i crismi necessari per essere una Hit commerciale”.
2 phones” ha infatti tutti gli elementi al posto giusto: una melodia funzionante, un beat minimale, una ripetizione cantilentante infinita e un aumento di pathos nel finale.

Nonostante le caratteristiche sopracitate, non è comunque esaltante. Il disco di Kevin Gates si becca solo un onesto, quanto migliorabile, nono posto.

8. Wiz Khalifa – KHALIFA –  Bake Sale feat. Travis Scott

Wiz Khalifa ci ha abituati ad un suono ”chill” e l’accoppiata con Travis Scott è carina.

Ma nonostante l’ottimo ritornello di ”la flame”, rimane un pezzo da ascoltare in macchina o al sabato sera…quando proprio non c’è altro in radio.

7. Lil Bibby – FC3  The Epilogue – Sleeping on the floor

Il mese scorso abbiamo recensito FC3 di Lil Bibby (la trovate qui), spendendo ottime parole per quello che consideriamo una perla di rara bellezza.
Oggi rinnoviamo l’invito a comprare ”The Epilogue”, la versione deluxe di ” free crack 3”, perchè si trovano dei bangers veramente clamorosi.

Per esempio il pezzo con G Herbo ” Sleeping on the floor” che entra di diritto nella nostra ten for twelve di gennaio 2015.

6. Meek Mill – 4/4 – Gave Em Hope

Proprio quando sembrava essere stato trascinato nel fango (e nel dimenticatoio) dai vari dissing, Meek Mill se ne salta fuori con questo piccolo album dal titolo 4/4. Un fulminante, quanto violento, colpo di coda.

E’ vero, noi di Radio Jeans Rap abbiamo un debole per il rapper della MMG ma è anche vero che tutte le quattro tracce di questo disco hanno una spinta eccezionale e ci fanno ben sperare in una risoluzione positiva per il futuro. Con questo sesto posto auguriamo, quindi, tutto il bene possibile a ”Meeki Milli” e ci auspichiamo un suo ritorno, repentino e risoluto, alla ribalta delle classifiche mondiali.

5. Rockie Fresh – The Night I went to – Down To Roll

”The Night I went to” è un disco elegante.
Diciamo che è un po’ l’antitesi del suono e dei prodotti a cui l’ MMG ci ha abituato; è in pieno contrasto con il mito del rapper ”macho” a cui l’etichetta di Rick Ross si ispira, ma è anche in linea con le nuove frontiere raggiunte dal rap oltreoceano.

Il pezzo scelto da noi, si chiama ”Down To Roll” e la sonorità sembra strizzare apertamente l’occhio a Drake e ai suoni di ”If you reading this, t’s too late”. Non è comunque il più rappresentativo del disco. E’ forse quello con un tappeto musicale che rimane più impresso ma lo è solo ad un approccio superficiale; perché, probabilmente, ad un ascolto più approfondito questa scelta potrebbe essere facilmente messa da parte in favore di pezzi meglio congegnati. Perciò, il consiglio della redazione è quello di ascoltarsi questo disco per intero e più volte…

4. Future – Purple Reign – Perkys Calling

Il disco di Future è nella nostra classifica ”ten for twelve” perchè è l’artista più discusso dell’anno.
Non nascondiamocelo, il suo modo di rappare ed interpretare i brani può farlo odiare o amare ma sicuramente non passare inosservato.

Ecco, dunque, Perkys Calling una delle tracce più ”lovely” e malinconiche di Purple Reign.
Tranquillo Future, la sentiamo anche noi di quaggiù la chiamata del viola…

3. Migos – YRN2 – Flying Coach

Eccoci, dunque, sul podio di questa prima edizione del ten for twelve 2016.
Al gradino più basso del podio troviamo i Migos; tornati finalmente al completo grazie alla scarcerazione di Offset, detenuto dal 4 aprile scorso per possesso di droga ed armi da fuoco.

Il pezzo che abbiamo scelto è ”flying coach”, una ballata sulle donne, in stile Migos. Le prime frasi del ritornello recitano ” I can’t love her, ‘cause she do the most, (lil bitty bitch) yeah she do the most! I gave her all I had, and now she ghost, (lil bitty bitch) now she ghost …”  dal quale si può evincere, e apprezzare, la levatura poetica del pezzo.
Ironia a parte, un bel disco ma è più un album da ballare superficialmente più che da ascoltare in profondità.

2. Cozz – Nothin Personal – Who Said

Il secondo posto se lo aggiudica Cozz, un rapper californiano uscito in un periodo particolarmente positivo per Los Angeles. Infatti la ”città degli angeli”, ad oggi, vanta artisti del calibro di: Kendrick Lamar, Earl Sweatshirt, Vince Staples e Boogie. Tutti ottimi rapper che hanno ”sparato” ottime cartucce negli ultimi mesi.

Nonostante la feroce competizione per la città, Cozz riesce a farsi ascoltare. Il suo stile riflessivo e malinconico, suona in maniera raffinata ed elegante ma ha solide radici nella strada.
In ”Nothin Personal” si respira la strada.
Tutto il disco galleggia in un’atmosfera cupa, notturna, malinconica e rabbiosa ma anche terribilmente affascinante.

1. Andreson. Paak – Malibu – Room In Here feat. The Game & Sonyae Elise

Il lavoro di Anderson.Paak è strano e bellissimo.
L’autore,  il 29enne californiano Brandon Paak Anderson, sembra essere riuscito a veicolare tutta la depressione degli strati meno abbienti della società e tutta la luminosità della loro voglia di rivincita.
Malibù” è un disco impregnato di cultura musicale. Spazia dal soul al funk e, nell’insieme, permette di essere considerato un gioiellino da piazzare sulla mensola proprio vicino al disco dell’anno: ‘‘To Pimp A Butterfly” di Kendrick Lamar.

Sia nelle influenze musicali e sia nelle atmosfere, infatti,  i due dischi si assomigliano molto.
In entrambi i prodotti, quello di Kendrick e quello di Paak, il rap riacquista il ruolo ”alla robin hood”, tipico degli anni novanta. I testi hanno quel sapore rugginoso del sangue in bocca, della poesia di strada, della denuncia sociale – eclissatasi dal genere durante tutto il duemila – ma il suono è progettato da orecchie alimentate a pane e soul; il risultato è magnifico.
La nostra personale idea è che il ”ghetto” di cui racconta Paak, sembra risollevarsi e ricostruirsi una morale, dopo il crollo delle ideologie e passata la sbornia del capitalismo, ritornando ad essere messaggero politico oltre che ”cattiva coscienza” della società occidentale.

 

Questo era il ”ten for twelve” di Gennaio 2015; ci rivediamo il prossimo mese!

 

 

 

 

 

Condividi questo articolo:

Lascia una risposta

L'indirizzo email non verrà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *